lunedì 20 febbraio 2017

CONGRESSO DI FONDAZIONE MOVIMENTO NAZIONALE PER LA SOVRANITA'

Fabio Pederzoli e Gianni Alemanno
Il 18 e 19 febbraio 2017 si è tenuto a Roma presso il Marriot Park Hotel, il Congresso di Fondazione del Movimento Nazionale per la Sovranità.
Il neonato movimento politico è sintesi e fusione delle esperienze politiche di Azione Nazionale e La Destra. La fusione in un unico progetto costituente è dettata dalla necessità di attrarre e riunire la diaspora della destra italiana.
La provincia di Reggio Emilia è stata rappresentata  al Congresso dal delegato Fabio Pederzoli, proveniente dall’esperienza di Azione Nazionale.
Gianni Alemanno (eletto Segretario Nazionale): "Dobbiamo fare le primarie per arrivare a  un centrodestra unito, per scegliere il candidato premier e le linee  programmatiche. Un’unità che non deve essere figlia di un compromesso  al ribasso e che non sacrifichi i contenuti politici"

Roberto Menia e Fabio Pederzoli
Francesco Storace (eletto Presidente Nazionale):
"Da oggi in marcia per un’Italia sovrana e mai più colonia"
Roberto Menia (eletto vice-Segretario Nazionale):
"Se vuoi avere l’eredità dei padri, devi conquistartela. Nulla è dato una volta per sempre" (citazione dal Faust di Johann Wolfgang von Goethe. Ed ancora Menia: "… viviamo in una democrazia sospesa, di governi non eletti dal popolo, e siamo lasciati soli da un’Europa matrigna a fronteggiare l’emergenza migranti, proprio mentre sono i nostri giovani a dar vita, loro malgrado, ad una nuova emigrazione italiana."

giovedì 8 dicembre 2016

REGGIA DI RIVALTA, DELIZIA ESTENSE REGGIANA

Palazzo Ducale di Rivalta - ingresso
I terreni e il casino di caccia di Rivalta, nel 1724 furono concessi dal principe Foresto d’Este, marchese di Scandiano, al principe ereditario Francesco Maria d’Este, futuro duca di Modena e Reggio, Francesco III. La fabbrica di Rivalta fu molto dispendiosa per le casse estensi e furono necessari cinquant’anni per completare i lavori. Il Palazzo Ducale di Rivalta venne ristrutturato nella forma di villa settecentesca ed impreziosito di esteso giardino a parterre.

“La lunghezza dei muri del magnifico giardino ammontava a 2.099 metri, quella delle siepi, alte quattro metri, a 19.600 metri, quella dei cespugli fiancheggianti lo stradone, che portava dalla via maestra di Rivalta alla prospettiva della vasca, ad oltre 7.000 metri. Lo stradone era lungo 3.650 metri e consentiva di raggiungere una sorta di laghetto, abbellito da una graziosa isoletta chiamata l’”Isola di Alcina”, sulla quale sorgeva una piccola, elegante costruzione. 350 erano le statue, 440 i vasi con piante di agrumi. Il cortile d’ingresso del palazzo misurava 8.800 metri, il perimetro della vasca era di 820 metri e quello dell’isoletta di 330 metri. Il Palazzo di Rivalta fu distrutto dopo lo scoppio della Rivoluzione francese, quando fu occupato dall’Assemblea Nazionale. Ebbe quindi vita brevissima” (tratto da “Gli Estensi – Mille anni di storia” di Luciano Chiappini – Edizione Corbo Editore – Anno 2001 – pag. 518-519)


Parco Palazzo Ducale di Rivalta
Le statue, dislocate un tempo nel parco della Reggia (tantissime altre furono purtroppo distrutte ed altre ancora probabilmente disperse di cui non si conosce la destinazione), sono oggi posizionate in aree centrali della nostra città: la statua del Crostolo situata in Piazza del Duomo, quattro statue rappresentati le stagioni nei Giardini pubblici, le due statue Panaro e Secchia sovrastano il ponte sul Crostolo che porta in viale Umberto I e tre statue rinvenute nell’area ex San Lazzaro, di cui due rimaste nel Padiglione universitario Besta ed una nel Padiglione sanitario Morel (tratto da “Il Pescatore Reggiano 2011” – articolo di Gian Andrea Ferrari ­– Gianni Bizzocchi Editore ­– pag. 213-226)

Il progetto di recupero, che vede assegnati 14,5 mln per progetti di restauro e valorizzazioni della Reggia e del suo parco, della Passeggiata settecentesca, delle fontane di viale Umberto I e del Mauriziano è una straordinaria e bellissima notizia. In passato ho più volte sollevato la questione sui giornali, indirizzando i miei interventi alla valorizzazione storica ed architettonica della nostra città. Oggi l’impegno assunto dall’Amministrazione Comunale non può che trovare piena soddisfazione e plauso. La valorizzazione di quei luoghi permetterà di certo un incremento del turismo e sarà per la nostra città una vetrina importante per far conoscere la nostra storia a livello nazionale ed internazionale.

Fonti citate in rosso:
“Gli Estensi – Mille anni di storia” di Luciano Chiappini – Edizione Corbo Editore – Anno 2001 – pag. 518-519
“Il Pescatore Reggiano 2011” – articolo di Gian Andrea Ferrari – Gianni Bizzocchi Editore – pag. 213-226

venerdì 28 ottobre 2016

TORNARE AL NOME DI SAN MARTINO D'ESTE

Rocca di San Martino d'Este
TORNARE AL NOME DI SAN MARTINO D’ESTE E PROMUOVERE UNA FUSIONE INTERPROVINCIALE CON CARPI E CAMPOGALLIANO.
SAN MARTINO, TERRA ESTENSE 
TERRITORIO DELLA FAMIGLIA ESTE DI SAN MARTINO

Premessa: il nome di una città è chiaramente lo specchio della stessa, che ne deve riflettere e tramandare la storia. 

La “brutta abitudine” di cambiare nomi alle città, ci ha fatto perdere San Germano (dal 1871 nominata Cassino), Monteleone di Calabria (dal 1927 nominata Vibo Valentia) e Girgenti (dal 1927 nominata Agrigento). In quest’ultimo caso è notizia di quest’anno che l’Amministrazione siciliana ha finalmente deliberato di richiamare ufficialmente la “città storica” con il vecchio ed affascinante nome di Girgenti. Nella speranza che presto tocchi anche a Monteleone di Calabria rivedere la luce!

Considerato: San Martino in Rio, che possiede la sua splendida Rocca estense ed affonda le sue radici storiche nel feudo vasto che comprendeva anche Castellarano, San Cassiano e Rodeglia (sotto il governo del principe Sigismondo d’Este che diede vita al ramo cadetto degli Este di San Martino, principi del Sacro Romano Impero) per significare al meglio la sua storia dovrebbe tornare a chiamarsi con il suo nome storico di San Martino d’Este.  

PropostaSan Martino d’Este tra le altre cose è un nome di facile promozione turistica e potrebbe essere rilanciato simbolicamente proprio per trovare unità anche con Carpi e Campogalliano nell'ottica di un ambizioso progetto di fusione interprovinciale delle municipalità. Le fusioni dei comuni in macro aree (omogenee in campo economico ma sempre legate da un filo conduttore storico, che ne faccia risaltare il contesto)  è la strada giusta per ottimizzare al meglio le risorse e per superare la stessa “gabbia” del concetto provinciale. Il recente fallimento della fusione tra Sant’Ilario d’Enza, Gattatico e Campegine partiva proprio dalla determinazione di una “area vasta” che non aveva alcun legame; a tal proposito Sant’Ilario d’Enza, per rilanciare le proprie peculiarità territoriali e la propria storia avrebbe dovuto promuovere l’unione con Gattatico, Montecchio Emilia e Bibbiano. 

Torre - Rocca di San Martino d'Este
La sostanziale mancanza di nozioni storiche (per disinteresse o per atavica repulsione) porta gli amministratori emiliani ad evidenti errori. La disciplina delle fusioni deve partire dalla conoscenza e dalla consapevolezza di un percorso di valorizzazione storico-culturale, che parta proprio dall’individuazione di un territorio che abbia un forte legame.

Tornare a San Martino d’Este sarebbe anche un giusto tributo alla Casa d’Este, che ha costruito ed eretto buona parte delle bellezze architettoniche del nostro bellissimo territorio. 

In un tempo, in cui la parola turismo pare aver recuperato quel fascino e quell’attrattiva, per decenni trascurata dalle amministrazioni emiliane, rilanciare il territorio e la sua storia sarà la più grande scommessa per rilanciare a sua volta il comparto economico.