|
Convento di Montefalcone |
Il convento di Montefalcone riversa in uno stato di
totale abbandono. I lavori di recupero fin qui svolti sono soltanto una
"goccia", rispetto a quanto necessario per rimettere a posto
pienamente la struttura.
La storia e la tradizione vuole che il convento sia
stato donato da Guido II di Canossa a Francesco d’Assisi nel 1217; diverse
destinazioni d’uso nei secoli lo hanno portato ad essere convento dei Gesuiti
che lo abbandonarono nel 1859.
I lavori di restauro e di recupero, che furono
accompagnati, qualche anno fa, da toni trionfalistici da parte delle
Amministrazioni, sono attualmente fermi e il cantiere è stato letteralmente
abbandonato; recintata l’area con le reti arancioni e con una vegetazione ormai
prossima ad inghiottire la struttura. La strada di accesso sconnessa e nelle
vicinanze nessun segnale turistico che ne indichi l’ubicazione e la storia.
Futuro e Libertà per l'Italia di Reggio Emilia
richiede l’intervento immediato della Provincia e della Soprintendenza per i
Beni Architettonici e Paesaggistici affinché sia risparmiata la struttura da
pericoli di danneggiamento, che ne cancellerebbero definitivemente la preziosa
memoria storico-architettonica. La dicitura nel sito del Comune di Reggio
Emilia (nella sezione informazione e accoglienza turistica) che indica il convento di Montefalcone “in restauro” ha certamente il sapore della beffa. La
tutela di un patrimonio storico di questo tipo dovrebbe far passare in secondo
piano ogni altra considerazione di carattere politico ed amministrativo. FLI fa
notare che la nostra provincia è ricca di risorse importanti che se
adeguatamente valorizzate sarebbero un volano importante per la nostra economia
specifica.
La Chiesa, all’interno del convento di Montefalcone,
se recuperata potrebbe essere teatro prestigioso di concerti strumentali di
musica classica. La fruibilità di una struttura come il convento di
Montefalcone potrebbe essere volano importante per far conoscere ad un numero
importante di visitatori le nostre terre e di conseguenza far conoscere
maggiormente i nostri prodotti agroalimentari. L'indotto dei nostri prodotti
tipici troverebbe in queste occasioni un fattore di sviluppo e di penetrazione
nel mercato sia nazionale che europeo.